Target Sicilia. Sicilia: da sempre il punto nevralgico del Mediterraneo, porta d’ingresso dell’Europa e del vecchio Occidente. Tutto passa dalla Sicilia, tutto si può fermare in Sicilia. Sicilia avamposto militare, ultima frontiera per il Medio Oriente, terra dei compromessi sociali ed economici, chi è più forte domina. Chi ha la chiave della Sicilia può aprire tutte le porte: una chiave che è, infatti, un vero passepartout per chi la sa usare. Ma della Sicilia non si parla se non in termine di “mafia”, di corruzione”, di scandali, tutti fattori che esistono e ne limitano lo sviluppo, ma questi “fattori” ormai si ritrovano un po’ ovunque in Italia, basti ricordare tutto ciò che è esploso con la dimenticata “Roma Capitale”.
Non si parla, invece, di tutti gli “altri” elementi che da decenni eludono la “sovranità” della Sicilia, non si parla della questione immigrazione clandestina nei termini reali che creano i problemi dell’accoglienza e della dispersione nel territorio di quanti riescono ad approdare nell’isola dopo essere fuggiti dai loro Paesi in guerra perenne.
Mettiamo da canto la possibilità d’infiltrazioni jihadistiche nei flussi di migranti, ma pensiamo alle probabilità che se il Califfato vuole mettere piede veramente in Europa, la via più breve (non la più facile, e spiegheremo il perché) è quella che passa dalla Sicilia. Questo nel caso si ipotizzi una “invasione”, che nella realtà dei fatti è operazione impraticabile. Dunque, da questo punto di vista, la Sicilia – a nostro avviso – nulla ha da temere. Di “invasione” si può dissertare solamente in merito al continuo flusso dei migranti disperati, molti dei quali nel territorio isolano si fermano per essere alla fine sfruttati con il lavoro nero.
Invasione non praticabile: basti andare alla storia, e (ri)scoprire quanto materiale bellico e umano fu necessario mettere in campo nel 1943 (Operazione “Husky”) agli angloamericani per andare a conquistare da sud l’Europa nazifascista. Non solo. Dagli Anni Cinquanta la Sicilia tornò ad essere “occupata” stabilmente dai nuovi alleati, gli Stati Uniti d’America che, oltre a Sigonella e Niscemi hanno una miriadi di installazioni militari di supporto, con armamenti che possono impressionare chiunque. Nessuna chance per potenziali “nemici” che volessero tentare l’impossibile.
Target Sicilia? Solo nel caso di (eventuali) ritorsioni l’Isola può diventare un “obbiettivo”, un “bersaglio”, ma i “nemici” dovrebbero avere mezzi adeguati. Ci provò e fallì lo stesso Gheddafi quando il 15 aprile del 1986 lanciò (senza causare alcun danno) due missili “SS-1 Scud” che avrebbero dovuto colpire un’installazione militare del sistema di radionavigazione LORAN della NATO a Lampedusa. Quindi neanche da questo punto di vista il Califfato dell’Isis costituisce un “pericolo” per la Sicilia. Ora c’è la minaccia che venga distrutto il gasdotto siculo-libico che unisce Gela e Tripoli, il “Greenstream” che arriva dai giacimenti di Wafa. Una minaccia che, se attuata, si ritorcerebbe contro gli stessi jihadisti.
La Sicilia può dormire sonni tranquilli? Questo non si può valutare: le azioni terroristiche possono colpire ovunque e difficilmente si possono prevedere. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha dichiarato che l’Italia ha “un livello di allerta notevolissimo, un sistema di controllo agli arrivi“, e questa è la risposta al procuratore di Reggio Calabria che paventa una pericolosa saldatura tra l’Isis e la criminalità organizzata.
La Sicilia è uno dei passaggi obbligati per raggiungere i Paesi dell’Europa: agli uomini del Califfato, nel caso che già lo stiano usando, non conviene creare le condizioni per chiuderlo in maniera definitiva. Almeno sino a questo momento. Per raggiungere Roma o qualsiasi altra città d’Europa ci sono tanti canali, ma forse il pericolo più concreto (e annunciato) è costituito dai “lupi solitari” difficilmente individuabili e la cui attività è altrettanto difficile da prevenire.